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domenica 13 febbraio 2011

MONARCHIA O REPUBBLICA

Come tutti sanno il primo evento storico-politico del dopoguerra fu il famoso referendum “Monarchia-Repubblica” cioé il referendum popolare attraverso il quale si doveva decidere se l’Italia dovesse continuare ad essere uno Stato Monarchico o invece diventare uno Stato Repubblicano.

Inutile dire che quel referendum, al quale era affidato il futuro assetto dell’Italia, fu anche la prima grande truffa (la prima di una interminabile serie) ai danni del popolo italiano.
Truffa che ancora oggi é fonte di critiche e sospetti (niente paura, le critiche sono solo di facciata, mentre i sospetti sono solo a sfondo comico).

C’è chi tenta di giustificare i risultati del referendum affermando che in effetti la monarchia non aveva dato buona prova di sé con l’armistizio e la conseguente guerra civile; il che puó anche essere vero, ma la domanda da porsi é anche un’altra; quanti a quell’epoca compresero veramente il vile intrigo monarchico, al punto da voler punire la Monarchia per i suoi giochi cospirativi? e poi la guerra civile, quella criminale e sanguinaria, (per nulla lotta di popolo) era stata scatenata dell’antifascismo comunista che pur non andando al potere risulterá essere anch’esso un vincitore di quel referendum.

Comunque le critiche all’evento referendario riguardano tre punti:
• I presunti brogli; (che in realtá sono una certezza)
• L’aver proclamato il risultato con fretta precipitosa e senza neppure aspettare il parere della Corte di Cassazione;
• L’aver escluso dal voto i tre milioni di cittadini della Venezia Giulia e i numerosissimi italiani ancora detenuti all’estero nei campi di concentramento o, rientrati in Italia tra la data di chiusura delle liste e la data del voto.

I brogli sono una certezza per tanti motivi:
Ai piú non é noto che c’era stato un incontro, che ben presto assumerá toni incandescenti, dopo il quale il “Re di Maggio” fu costretto all’esilio, che lui a malincuore accettó, <>.
L’esito é inspiegabile anche perché il conteggio delle schede del referendum avvenne dopo aver conteggiato le schede per l’elezione dell’Assemblea Costituente e ciò ritardò di molto il conteggio di quelle riguardanti il referendum (con tutto ció che tali ritardi consentirono).
• Fu giudicato strano anche l’improvviso rovesciamento del risultato che, a tre quarti degli scrutini vedeva nettamente in testa la Monarchia.
Come strano fu considerato l’annuncio della vittoria repubblicana trasmesso nel pieno dello spoglio da “Radio Montevideo” e pubblicato da molti giornali nelle loro edizioni straordinarie.
Da notare inoltre che il referendum fu indetto nel 1946, vale a dire in un momento in cui in tutto il nord Italia era in atto la feroce e sanguinosa mattanza da parte dei partigiani contro tutti coloro che erano ritenuti in qualche modo di ostacolo alla causa comunista.

Riporto qui di seguito il discorso fatto dal Re Umberto II agli italiani, nel quale spiegava i motivi che lo indussero ad accettare l’esilio.
« Italiani! Nell'assumere la Luogotenenza Generale del Regno prima e la Corona poi, io dichiarai che mi sarei inchinato al voto del popolo, liberamente espresso, sulla forma istituzionale dello Stato. E uguale affermazione ho fatto subito dopo il 2 giugno, sicuro che tutti avrebbero atteso le decisioni della Corte Suprema di Cassazione, alla quale la legge ha affidato il controllo e la proclamazione dei risultati definitivi del referendum.
Di fronte alla comunicazione di dati provvisori e parziali fatta dalla Corte Suprema; di fronte alla sua riserva di pronunciare entro il 18 giugno il giudizio sui reclami e di far conoscere il numero dei votanti e dei voti nulli; di fronte alla questione sollevata e non risolta sul modo di calcolare la maggioranza, io, ancora ieri, ho ripetuto che era mio diritto e dovere di Re attendere che la Corte di Cassazione facesse conoscere se la forma istituzionale repubblicana avesse raggiunto la maggioranza voluta.
Improvvisamente questa notte, in spregio alle leggi ed al potere indipendente e sovrano della Magistratura, il governo ha compiuto un gesto rivoluzionario, assumendo, con atto unilaterale ed arbitrario, poteri che non gli spettano e mi ha posto nell'alternativa di provocare spargimento di sangue o di subire la violenza.
Italiani! Mentre il Paese, da poco uscito da una tragica guerra, vede le sue frontiere minacciate e la sua stessa unità in pericolo, io credo mio dovere fare quanto sta ancora in me perché altro dolore e altre lacrime siano risparmiate al popolo che ha già tanto sofferto. Confido che la Magistratura, le cui tradizioni di indipendenza e di libertà sono una delle glorie d'Italia, potrà dire la sua libera parola; ma, non volendo opporre la forza al sopruso, né rendermi complice dell'illegalità che il Governo ha commesso, lascio il suolo del mio Paese, nella speranza di scongiurare agli Italiani nuovi lutti e nuovi dolori. Compiendo questo sacrificio nel supremo interesse della Patria, sento il dovere, come Italiano e come Re, di elevare la mia protesta contro la violenza che si è compiuta; protesta nel nome della Corona e di tutto il popolo, entro e fuori i confini, che aveva il diritto di vedere il suo destino deciso nel rispetto della legge e in modo che venisse dissipato ogni dubbio e ogni sospetto.
A tutti coloro che ancora conservano fedeltà alla Monarchia, a tutti coloro il cui animo si ribella all'ingiustizia, io ricordo il mio esempio, e rivolgo l'esortazione a voler evitare l'acuirsi di dissensi che minaccerebbero l'unità del Paese, frutto della fede e del sacrificio dei nostri padri, e potrebbero rendere più gravi le condizioni del trattato di pace. Con animo colmo di dolore, ma con la serena coscienza di aver compiuto ogni sforzo per adempiere ai miei doveri, io lascio la mia terra. Si considerino sciolti dal giuramento di fedeltà al Re, non da quello verso la Patria, coloro che lo hanno prestato e che vi hanno tenuto fede attraverso tante durissime prove. Rivolgo il mio pensiero a quanti sono caduti nel nome d'Italia e il mio saluto a tutti gli Italiani. Qualunque sorte attenda il nostro Paese, esso potrà sempre contare su di me come sul più devoto dei suoi figli. Viva l'Italia!
Umberto
Roma 13 giugno 1946

I comunisti per paura di un risultato referendario piú autentico, dal quale sarebbero usciti inesorabilmente ridimensionati nella loro forza politica, si opposero violentemente alla scelta di una data successiva, in modo da svolgere il referendum in un Paese più calmo negli animi della popolazione.
Il risultato ufficiale la dice lunga: maggioranza forte per la Monarchia al Sud e nelle isole, maggioranza forte per la Repubblica nelle regioni del nord controllate dai partigiani comunisti.

Beh... ogni commento sul meschino inizio di questa nuova Italia sembra davvero superfluo

È interessante tornare un pò indietro nel tempo perché tale lettura fatta a ritroso, diventa un “illuminante antefatto”:
In due suoi scritti a gennaio e febbraio 1944 Togliatti esorta i suoi partigiani ad opporsi al governo Badoglio e a qualsiasi governo monarchico.
I due scritti non sono frutto del solo Togliatti, ma erano, come d’abitudine, visti e approvati da Molotov. L’ordine era in pratica il preludio alla rivoluzione bolscevica in Italia. Ma accade qualcosa di imprevisto per Togliatti.
Nel marzo del 1944 togliatti va dal suo capo, Stalin. E qui apprende da Stalin in persona che i giochi sono già fatti e che, in caso di vittoria l’Italia resterà sotto influenza americana. E’ quindi necessario, gli dice Stalin, abbandonare temporaneamente la posizione contro il Re e contro Badoglio (testimonianza resa dal leader comunista bulgaro Dimitrov, pubblicata da Einaudi nel 2002).
Il mese seguente Togliatti a Salerno annunciò ai suoi che “la politica dei comunisti italiani era una politica di unità nazionale e di rinascita del paese (??); e che i partiti antifascisti dovevano pur non rinunciando alle loro posizioni di principio, operare tutti assieme“. In pratica Togliatti, dovendo rinunciare ad impadronirsi del potere con la forza, si dichiara disposto (in realtá non sará mai cosí) quindi a collaborare con Badoglio e con il Re. Era avvenuto un cambiamento, di facciata, esattamente come gli aveva richiesto Stalin. Giorni dopo Togliatti veniva nominato ministro e prestava giuramento nelle mani del Sovrano.
Togliatti però era un comunista e come tale avvezzo al doppio gioco. La parola data per quest’individuo valeva meno di niente e i discorsi e gli atteggiamenti pubblici avevano l’unico scopo di convincere gli altri che il pci era ’diverso’ e ampiamente democratico. Nella realtà però agiva in tutt’altro modo, guardandosi bene naturalmente, quando scoperto, di assumersene le responsabilità.

Nello steso momento in cui giurava fedeltà al Sovrano, infatti, invitava i suoi partigiani a collaborare con i partigiani di Tito con queste parole:
“Compagni! Tutti i partigiani italiani operanti nell’Italia nord orientale debbono porsi disciplinatamente alle dipendenza delle unità del maresciallo Tito. Sono nemici del popolo tutti coloro che non intendono appoggiare il movimento di adesione alla Jugoslavia progressista e federativa di Tito. I territori della Venezia Giulia sono legittimamente sloveni e sugli stessi perciò il maresciallo Tito ha pieno diritto di giurisdizione“.

Forte di queste credenziali (e sfruttando in pieno la superiorità militare dei suoi partigiani) entrò a pieno diritto a far parte della costituente. A tale proposito è interessante rileggere la sua dichiarazione quando si cominciò a discutere dei rapporti tra Stato e Chiesa. Ecco cosa disse in quella occasione:
“Per quanto riguarda la prima parte, in cui si dice che lo stato e la chiesa cattolica sono organi nel proprio ordine indipendenti e sovrani, il gruppo comunista non ha difficoltà ad approvarla nella sua precisa formulazione.
Quanto alle seconda parte dell’articolo, in cui si stabilisce che i rapporti fra stato e chiesa siano regolati dai Patti Lateranensi, è essa che ha formato argomento alle più appassionate discussioni, ma anche su questo punto l’orientamento suo e del suo partito è preciso ed esplicito.
Fin dal 1946, in occasione del quinto congresso comunista, pose, e il congresso approvò, come postulati del partito i seguenti:
•Rivendicare la libertà di coscienza, di fede, di culto e di propaganda religiosa;
•Considerare definitivamente chiusa la questione romana;
•Affermare che i Patti Lateranensi, essendo strumento bilaterale, non possono essere modificati che bilateralmente.
La pace religiosa è stata permanentemente l’obiettivo del partito comunista.
Ecco perché la dichiarazione che egli è per fare potrebbe trasformarsi in un appello a tutte le altre parti della Camera di votare come i comunisti voteranno.
Col suo voto egli comprende benissimo che la responsabilità che il partito comunista si assume è assai grave, più grave ancora di quella del partito socialista, ma il fatto essenziale è questo: la classe operaia non vuole scissione per motivi religiosi e non vuole intaccata l’unità morale e politica della nazione. Di queste due esigenze i comunisti non possono non tener conto.
Unico scopo che muove i comunisti è quello dell’unità delle masse lavoratrici in Italia. Per questa unità i comunisti voteranno a favore, e ciò facendo non credono di sacrificare nulla di se stessi, ma di contribuire alla ricostruzione del paese“. (Animati commenti in tutti i banchi e vivi applausi alla estrema sinistra). Era il 25 marzo 1947.
Belle parole, destinate purtroppo a rimanere solo parole, che in quegli stessi giorni venivano platealmente ridicolizzate dalle ’gloriose’ azioni dei suoi partigiani che massacrarono barbaramente almeno 130 preti nella sola Emilia.
A completare il tutto, poco dopo fu consegnato ai compagni più fedeli un volantino contenete un decalogo, esplicitazione della vera essenza del pensiero comunista e quindi del ’perfetto’ comunista, ovvero le istruzioni su come dovessero comportarsi per favorire la ’santa’ causa. Eccolo: Decalogo del vero comunista

“Compagno propagandista,
Tu sei uno dei più validi strumenti. Perché l’opera tua sia più efficace eccoti una breve guida per il tuo lavoro. Ricorda sempre che il nostro compito è bolscevizzare l’Europa tutta a qualunque costo, in qualunque modo.
Tuo compito è bolscevizzare il tuo ambiente. Bolscevizzare significa, come tu sai, liberare l’umanità dalla schiavitù che secoli di barbarie cristiana hanno creato. Liberare l’umanità dal concetto di religione, di autorità nazionale, di proprietà privata.
Per ora il tuo compito è più limitato. Ecco un decalogo.
1. Non manifestare ai compagni non maturi lo scopo del nostro lavoro: comprometteresti tutto.
2. Lottare contro quanto, specie gli ipocriti preti, vanno dicendo di meno vero sui nostri scopi.
3. Mostrare con scherzi, sarcasmi o con condotta piacevole, contenta, che ti sei più libero senza le pastoie della religione, anzi si vive meglio e si è più liberi.
4. Specialmente è tuo compito distruggere la morale insegnando agli inesperti, creando un ambiente saturo di quello che i pudici chiamano immoralità. Questo è tuo supremo dovere: distruggere la moralità.
5. Allontana sempre dalla Chiesa i tuoi compagni con tutti i mezzi, specialmente mettendo in cattiva luce i preti, i vescovi, ecc.. Calunniare, falsare: sarà opportuno prendere qualche scandalo antico o recente e buttarlo in faccia ai tuoi compagni.
6. Altro grande ostacolo al nostro lavoro: la famiglia cristiana. Distruggerla seminando idee di libertà di matrimonio, eccitare i giovani e le ragazze quanto più si può; creare l’indifferenza nelle famiglie, nello stabilimento, nello Stato; staccare i giovani dalla famiglia.
7. Portare l’operaio ad amare il disordine, la forza brutale, la vendetta: e non aver paura del sangue.
8. Battere molto sul concetto che l’operaio è vittima del capitalismo e dei suoi amici: autorità e preti.
9. Sii all’avanguardia nel fare piccoli servizi ai tuoi compagni, parla molto forte, fatti sentire. Il bene che fanno i cattolici nascondilo e fallo tuo. Sii all’avanguardia di tutti i movimenti.
10. Lotta, lotta, lotta contro i preti e la morale cattolica. Dà all’operaio l’illusione che solo noi siamo liberi e solo noi possiamo liberare. Non aver paura, quando anche dovessimo rimaner nascosti tre o cinque anni.
L’opera nostra continua sempre perché i cattolici sono ignoranti, paurosi e inattivi.

Che dire!?... Come sempre il comunismo si commenta da solo



Vincenzo Ballerino

2 commenti:

  1. Ne approfitto per ricordare che chiunque voglia pubblicare un nuovo argomento, lo invii alla nostra mail legiox@hotmail.it e se ritenuto importante verrà pubblicato sul blog!
    cordiali saluti Il Revisionista

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  2. Vincenzo Ballerino ha espresso tutto al meglio, il comunismo si commenta da solo...come si nota, quello descritto nel decalogo è quello che sta avvenendo proprio ora nel 2011.
    per il resto dell'articolo, non c'è da stupirsi, noi siamo quelli che abbiamo eletto a presidente della repubblica uno che ha baciato la tomba di tito...
    come diceva qualcuno: governare gli italiani non è difficile...MA INUTILE

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